Quello che nessuno dice sulle Certificazioni Organiche GOTS e OCS.
Ho deciso di scrivere quest’articolo per fare chiarezza su un argomento dove mi sono reso conto ci sia molta confusione, causa la disinformazione o peggio ancora da informazioni non corrette e tendenziose. Quindi è normale che gli utenti non sappiano la reale differenza fra il cotone Organico e Sostenibile, in questo testo leggerai quello che nessuno dice sulle certificazioni Organiche GOTS e OCS, per ovvi motivi legati alla vendita dei prodotti.
Preparati a una visione diversa sulle Certificazioni Organiche, perché probabilmente stai per scoprire degli aspetti sulle certificazioni che certamente ignoravi.
Capirai il significato dei pittogrammi apposti sui diversi articoli d’abbigliamento.
Il mio obiettivo è quello di darti una panoramica chiara delle certificazioni organiche e su ciò che davvero rappresentano.
Ci tengo a precisare che io non sono legato in nessun modo a nessuna industria tessile o ente certificante e le informazioni che leggerai di seguito, sono pubbliche e le potrai verificare entrando nei siti delle singole organizzazioni certificanti, quest’articolo non ha sponsor e l’unico obiettivo che perseguo è quello di fornire delle informazioni giuste e corrette a chi mi segue su Professione Stampa, attraverso i vari canali: del Blog, di Facebook o di YouTube.
Iniziamo subito chiarendo cosa garantisce la Certificazione di Cotone Organico: gli articoli certificati devono contenere fibre naturali da agricoltura biologica, eventuali tinture o stampe devono adottare modelli e procedure conformi ai requisiti richiesti.
Agricoltura biologica non significa però, come molti pensano, che nelle colture non debbano essere assolutamente usati prodotti chimici, la verità è che gli agricoltori possono usare soltanto i prodotti consentiti, che dovrebbero aver superato una verifica delle caratteristiche tossicologiche ed eco tossicologiche.
Se tratti prodotti tessili, avrai notato che esistono diversi enti certificatori, il più accreditato è il GOTS, acronimo che sta per Global Organic Textile Standard, la certificazione garantisce che i capi contengano almeno il 70% di fibre naturali da agricoltura biologica.
E qui magari hai avuto la prima sorpresa, perché forse pensavi che i prodotti certificati fossero formati interamente da fibre biologiche. Se credevi questo, preparati a una forte delusione, perché continuando la lettura, ne leggerai delle belle.
Torniamo adesso alla certificazione GOTS, che come ti ho scritto è la più prestigiosa, infatti, i capi certificati GOTS potranno avere dal 70% al 100% di fibra biologica e in ogni caso la percentuale non potrà essere meno del 70%.
Diverso invece è il discorso per la certificazione Organic 100 Content Standard che viene abbreviata con l’acronimo OCS, che è indubbiamente quella più utilizzata e diffusa.
Sulla certificazione OCS le percentuali di fibra biologica richiesta cambiano notevolmente rispetto al GOTS, infatti, udite udite, per ottenere la certificazione, il capo deve contenere almeno il 5% di fibra biologica.
Sì hai letto bene, nessun errore, il capo può esibire la certificazione organica ocs, anche se ha soltanto il 5% di fibra biologica, puoi verificare tu stesso la veridicità di quello che ti scrivo direttamente nel sito dell’organizzazione che rilascia la certificazione OCS che trovi a questo link: https://icea.bio/certificazioni/non-food/prodotti-tessili-biologici-e-sostenibili/organic-content-standard/.
A questo punto inizierai a capire il perché di tanti misteri, mi riferisco ad alcune dinamiche inspiegabili, come ad esempio quelle di alcune t-shirt con certificazione organica OCS, che sono meno costose di quelle prodotte con cotone non certificato.
Basta infatti, che la composizione del tessuto contenga un 5% di fibra organica e magari il resto sia formato dalla fibra di tessuto più economica sul mercato, ed ecco che è possibile ottenere una t-shirt certificata organica OCS con un prezzo super competitivo, soddisfacendo chi pretende le certificazioni organiche, che spesso ignora ciò che ora stai leggendo.
Perché alla fine parliamoci chiaro, il 5% è una percentuale ridicola e come ben sai la percentuale di filato biologica nell’etichetta non è dichiarata, pertanto il prodotto viene presentato al pari di quello che magari è stato prodotto con il 100% di filato biologico.
Oltretutto, come ti ho scritto, la certificazione non priva l’utilizzo di sostanze chimiche, come viene spesso fatto credere dai venditori.
Basterà soltanto che l’agricoltore usi le sostanze chimiche consentite, che sono state selezionate perché rispondenti ai requisiti richiesti, ora non entrerò in merito alla bontà effettiva di questi prodotti chimici, anche se mi piacerebbe farlo, mi limiterò a indicarti, come ho in parte già fatto, quali sono i requisiti del tessuto per poter ottenere le certificazioni organiche e presentarsi agli occhi degli utenti finali come prodotti puri e “benedetti”.
Il logo OCS, che ti ho appena mostrato, ti potrà capitare di trovarlo abbinato al simbolo riportato di seguito:
La certificazione Organic Blended indica che il cotone organico è miscelato con altre fibre non ecologiche, talvolta anche sintetiche.
Ormai le politiche globali stanno spingendo le industrie della moda e del tessile al passaggio al cotone organico, rigenerativo e riciclato.
Si stima che entro il 2030 la domanda di cotone organico rappresenterà l’84% del totale, da qui al 2025 si prevede un aumento minimo della domanda del 10% annuo, e dopo il 2025 l’incremento annuo della domanda dovrebbe essere minimo del 15% fino al 2030.
Questo comporta un serio problema di disponibilità del prodotto sul mercato, perché il cotone organico prodotto non è in grado di sostenere la domanda crescente e in futuro, considerando le previsioni di crescita della domanda lo sarà ancora meno.
Perché è importante che tu sappia, che per produrre cotone biologico non è sufficiente che l’agricoltore decida che da oggi rispetterà i requisiti richiesti perché la sua piantagione di cotone diventi biologica e certificabile come tale.
Infatti, se sul terreno finora ha utilizzato prodotti chimici proibiti, per ottenere la certificazione occorrono almeno due anni, che è il periodo previsto per attuare il cambiamento e fare in modo che i pesticidi usati, che hanno contaminato il suolo e l’acqua circostante, abbiano il tempo di disperdersi.
Ovviamente questo rappresenta un grosso problema per l’incremento dell’offerta di cotone biologico, e soprattutto è un deterrente per gli agricoltori che non possono ottenere nell’immediato la certificazione.
Per questo motivo si è pensato a un modo per incentivare gli Agricoltori a orientarsi verso le pratiche biologiche, ed è per questo che è nata la certificazione del cotone “in conversione” o in “transizione”, che è appunto quel cotone che proviene da coltivazioni dove si stanno rispettando i requisiti imposti per il passaggio all’ecologico ma che sfrutta terreni che erano destinati all’agricoltura intensiva e non può ancora ottenere la certificazione organica.
Hai appena scoperto il motivo per cui è nata la certificazione sostenibile, ossia il modo per sostenere gli agricoltori che si convertono al biologico, investendo nel cotone coltivato, durante il periodo di conversione, in attesa che questo possa essere completamente certificato.
A questo punto puoi capire anche cosa significano i marchi Organic in Conversion, Fairtrade, Sedex e altri che troverai che attestano quello che ti ho appena scritto.
Lo so che come spesso succede i miei articoli sono abbastanza traumatici, perché riportano alla cruda realtà, distruggendo tutti i falsi miti creati dalla pubblicità tendenziosa attuata dalle industrie attraverso i loro venditori e con campagne di marketing imponenti che mostrano una realtà distorta, allo scopo di mettere in vantaggio i loro prodotti rispetto a quelli concorrenti.
Come hai notato, con la precisione che mi distingue, ti ho fornito le prove di quanto ho scritto e le informazioni che ti ho trasmesso le puoi verificare in autonomia con una breve ricerca on line.
Lo preciso perché quando si trattano certi argomenti e diventi l’unica voce fuori dal coro sei subito zittito come complottista. Quindi a questo punto sei libero di continuare a credere alle favole raccontate sulla purezza dei tessuti garantita dalle varie certificazioni, oppure prendere consapevolezza della realtà effettiva, basata sui dati che ti ho appena esposto.
Spero a questo punto che tu abbia chiara la differenza fra il cotone Organico e Sostenibile, e su quello che significano le certificazioni.
Probabilmente con questa nuova consapevolezza sarai in grado di mettere in discussione alcune comunicazioni tendenziose che ti saranno rivolte in futuro e magari evitare le numerose trappole commerciali.
Mi sembra doveroso precisare e non voglio che ci siano dubbi, che personalmente sono assolutamente favorevole all’utilizzo di prodotti che rispettino l’ambiente e la nostra salute, se mi segui nei vari canali d’informazione di Professione Stampa, avrai notato che tendo a consigliare inchiostri e prodotti che so essere privi di sostanze nocive rispetto a quelli dubbi.
Ma come hai notato, sono molto critico sui modi di attuazione e soprattutto sulla confusione che le certificazioni organiche stanno generando sull’utente finale. Infatti, sono pronto a scommettere che la maggioranza degli utenti ignora che il capo con certificazione OCS può contenere soltanto il 5% di fibra ecologica.
Per questo, correrò il rischio di apparire contro il sistema… ma io sono per la verità e per l’informazione corretta, sempre e a tutti i costi.
Spero che abbia apprezzato questa lettura che non ha nessun fine se non quello di divulgare le giuste informazioni.
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Scrivimi in un commento qui sotto se la lettura ti è stata utile, a te non costa nulla ma per me è importante e mi motiva a continuare a spendere il mio tempo per divulgare altre informazioni gratuite, perché sai bene che tante cose ormai sono a pagamento, ma gran parte delle informazioni che divulgo restano gratuite, anche se la loro pubblicazione a me comporta dei costi. Aspetto il tuo commento!
Alla prossima
Ilario Serci
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